TRIBUNALE DI GENOVA, I SEZIONE CIVILE
15 DICEMBRE 2021 N. 2798
G.U. Gibelli
E.C. c. Costa Crociere S.p.A., Fincantieri SpA, RINA Services S.p.A.
Reati della navigazione marittima – Danni – Responsabili civili.
Reati della navigazione marittima – Responsabilità civile – Eventi interruttivi.
Reati della navigazione marittima – Danni – Danni esistenziali subiti dai passeggeri – Risarcibilità.
Sicurezza marittima – SOLAS – Scialuppe.
Il danno da panico subito da un passeggero di una nave in conseguenza di un reato di naufragio imputato al comandante non può dare luogo alla condanna al risarcimento a carico di soggetti estranei al reato (nella specie, si è esclusa la responsabilità a tale titolo del cantiere costruttore della nave e del registro di classe per il mancato funzionamento dell’impianto elettrico dopo il naufragio, con conseguente oscurità a bordo). (1)
In caso di naufragio, la responsabilità della compagnia di navigazione non è esclusa da colpe nella gestione del salvataggio. (2)
In caso di fatto illecito che integri reato, è integralmente risarcibile il danno esistenziale. (3)
La manovrabilità elettrica delle scialuppe non è richiesta né dalla convenzione SOLAS o da altre normative di sicurezza della nave. (4)
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(1-4) Si anticipa qui la pubblicazione di una decisione conseguente ad un’azione risarcitoria proposta da uno dei passeggeri del Costa Concordia, che verrà inclusa nel prossimo fascicolo della Rivista del diritto della navigazione, e che ha suscitato un considerevole clamore di stampa, sia in Italia, sia all’estero, pur non presentando in realtà elementi dirompenti, considerato, fra l’altro, il sostanziale allineamento, in termini economici, del risultato ottenuto dall’attore a quello dei danneggiati con posizione equivalente costituitisi parte civile nel procedimento penale contro il comandante della nave, concluso con la decisione della IV Sezione penale della Cassazione n. 35585 del 12 maggio – 19 luglio 2017 (in Riv. dir. nav., 2018, 837, con nota di F. Loschi, La colpa c.d. cosciente o con previsione tra formante legislativo e prassi applicativa. Lo stato dell’arte alla luce della più recente dottrina e giurisprudenza alla prova della sentenza relativa al naufragio della Costa Concordia, ivi, 840, nonché in Cass. pen., 2018, 1103, con nota di G. Bova, A. Marchini, Il caso «Costa Concordia»: profili di responsabilità penale del comandante. V. anche V. Mongillo, Il lato oscuro della rappresentazione: riflessioni sulla colpa con previsione alla luce della sentenza Schettino, in Dir. penale contemporaneo, 14 febbraio 2018), che ha sostanzialmente confermato le decisioni dei precedenti gradi di giudizio (App. Firenze, 31 maggio 2016 – 29 luglio 2016, n. 2018 e Trib. pen. Grosseto, 11 febbraio 2015 – 10 luglio 2015, n. 115 (in Dir. penale contemporaneo, 9 novembre 2015, con nota di S. Rossi, Il naufragio della Costa Concordia: norme incriminatrici e categorie dogmatiche alla prova dei fatti (una prima lettura). In generale sulla vicenda che ha dato luogo ai procedimenti in questione, da un punto di vista marittimistico, v. U. La Torre, Le anomalie nel comando della nave: considerazioni sui casi Segesta Jet e Costa Concordia, in Dir. maritt., 2018, 817, ivi, 850 ss., nonché Id., Funzione di comando e sicurezza della navigazione, in RDT, 12, 2013, 31, ivi, 34 ss., e Id., Equipaggio, comando e determinazione della rotta nella navigazione marittima, in Riv. dir. nav., 2013, 95, ivi, 124 ss.).
La motivazione della decisione in epigrafe, semmai, induce a qualche perplessità per la dimostrazione di non eccessiva dimestichezza con la normativa marittima (che, tuttavia, non sembra essersi riflessa sulla decisione), che si evince, fra l’altro, attraverso il riferimento alla Convenzione SOLAS 1914 (notoriamente mai entrata in vigore: v., anche per riferimenti agli sviluppi successivi: F. Pellegrino, La sicurezza marittima prima e dopo il naufragio della Concordia, in Riv. dir. nav., 2014, 107, ivi, 108 ss.).
L’attore, come riassume la sentenza, aveva agito lamentando una lesione alla salute, in ragione del carattere patologico del disturbo post traumatico da stress insorto, ed una integrata dall’ ulteriore pregiudizio di natura puramente morale: danno alla serenità d’animo ed alla momentanea libera determinazione fisica patito a causa delle sue speciali vicende vissute nel contesto del naufragio (danno ascrivibile nella sostanza alla categoria del morale da reato) ed infine un danno di natura patrimoniale (perdita di denaro e preziosi), convenendo in giudizio oltre l’armatore della nave, anche il costruttore ed il registro di classe. Molte di tali azioni, compresa, a quanto sembra, quella da cui traiamo spunto, sono state proposte con lo stimolo e/o l’appoggio di associazioni di difesa dei consumatori. Si ricordano, fra l’altro, le azioni promosse negli Stati Uniti, in cui l’instaurazione del giudizio era fondata sulla sede della Carnival, parent company della Costa, a cui peraltro sono seguite fino ad ora, a quanto consta pronunce di dismissione sulla base della dottrina del forum non conveniens (inter alia: Giglio Sub s.n.c. v. Carnival Corp., No. 12–21680–CIV, 2012 WL 4477504 (S.D.Fla. Sept. 26, 2012), aff’d, 523 F. App’x 651 (11th Cir. 2013); Warrick v. Carnival Corp, No. 12-61389 (SD Fla, February 4, 2013; sulle ragioni che, a suo tempo, potevano aver indotto ad optare per un’iniziativa giudiziaria negli Stati Uniti, v. R. Carleo, Caso Costa e class action italiana: le ragioni di un mancato avvio, in Riv. dir. nav., 2013, 35, ivi, 36).
Va sottolineato il particolare contesto normativo in cui doveva essere decisa la causa, diverso da quello oggi vigente: all’epoca dei fatti causa non era ancora applicabile il reg. (CE) 392/2009, sicché la responsabilità vettoriale ricadeva nella disciplina del codice della navigazione e, dunque, non si ponevano i problemi di individuazione del danno risarcibile che possono derivare dall’applicazione del regolamento, tenuto conto del rinvio di quest’ultima alla convenzione PAL 2002, il cui art. 3, § 5, lett. d, prevede che, in tema di responsabilità del vettore marittimo, la nozione di «“loss” shall not include punitive or exemplary damages». Quest’ultimo aspetto appare di particolare interesse, in considerazione dell’accostamento, nella motivazione della decisione da cui traiamo spunto, al danno danno del danno da stress post-traumatico, e comunque del dibattito a suo tempo aperto dalla formula convergente, sebbene più specifica, adottata dall’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo, la cui ultima parte precisa che «[…] punitive, exemplary or any other non-compensatory damages shall not be recoverable», che aveva indotto ad opinare che non sarebbero stati risarcibili in genere i danni non patrimoniali (con tesi smentita dalla giurisprudenza europea: C. giust. UE 6 maggio 2010, in causa C-63/09, in Riv. dir. nav., 2011, 267, con nota di N. Liberatoscioli, Nel caso di perdita dei bagagli, il massimale di responsabilità del vettore aereo comprende i danni sia materiali sia morali, ivi, 274; C. giust. UE 13 ottobre 2011, in causa C-83/10, in Riv. dir. nav., 2013, 339, con nota di S. Scalisi, La Corte di Giustizia Ue si pronuncia sulla cancellazione del volo, ivi, 347. Per un inquadramento della questione, v. in generale E. G. Rosafio, Il danno non patrimoniale nel trasporto aereo di persone, in XXXIV Giornate latino-americane di diritto aeronautico e spaziale, a cura di M.O Folchi, M. M. Comenale Pinto, U. La Torre, R. Tranquilli-Leali, Padova, 2010, 241).
Infine, è da aggiungere che, in astratto, avrebbe potuto essere invocata la limitazione del debito armatoriale di cui all’art. 275 c. nav., nel testo originario non emendato dal d. lgs. 28 giugno 2012, n. 111, ma l’armatore si era astenuto dal farlo (come era avvenuto, del resto, anche per la tragedia del Moby Prince: cfr. E. Vincenzini, Due esperienze professionali in tema di limitazione di responsabilità dell’armatore e del terminal operator, ne Il limite risarcitorio nell’ordinamento dei trasporti. Profili sistematici e problematiche attuali, atti del Convegno di Modena del 2 – 3 aprile 1993, Milano, 1994, 337, ivi, 338). Come è noto, oggi, a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 111 del 2012, non è nemmeno chiaro se per le navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate sia invocabile la limitazione, mentre non si è dato corso all’adesione alla convenzione LLMC 96, che pure era prevista dalla l. 23 dicembre 2009, n. 201 (sulla nebulosità dello specifico quadro normativo nazionale, v. E. G. Rosafio, La limitazione della responsabilità per i crediti marittimi dell’armatore: la necessità di un chiarimento normativo, in Riv. dir. nav., 2019, 27).
M.M.C.P.